Documento di valutazione dei rischi : chi lo scrive?
Chi redige il Dvr? Come si fa a compilarlo correttamente?
Abbiamo parlato spesso del documento valutazione dei rischi: si tratta di una sorta di manuale all’interno del quale vengono riassunti tutti i potenziali “pericoli” ai quali i lavoratori di una data azienda potrebbero essere sottoposti e quali sono i provvedimenti presi affinché questi rischi non si verifichino.
Ovviamente la tipologia di rischio dipende molto dall’attività svolta da un’azienda: per esempio i dipendenti di uno studio di avvocati saranno soggetti a meno rischi rispetto agli operai di un’impresa edile.
Chi redige il Dvr?
L’art.17 comma 1 lettera a del D. Lgs. 81/08 è categorico: il datore di lavoro non può delegare la valutazione dei rischi e l’elaborazione del documento relativo.
Ma materialmente quanti sono i datori di lavoro che redigono di loro pugno la valutazione? Verrebbe da dire nessuno o quasi, perché nella stragrande maggioranza dei casi questo lavoro viene affidato al RSPP, ad un consulente o ad un dipendente con mansioni legate alla sicurezza.
Indipendentemente da chi scrive ed elabora il documento la responsabilità di quanto vi è riportato resta comunque in capo al datore di lavoro.
Nonostante regni molto scetticismo in merito a questo punto, vi sono già diversi precedenti giurisprudenziali che lo hanno condannato (a seguito di infortuni gravi o mortali) per errata valutazione dei rischi, sebbene questa fosse stata redatta dal RSPP.
Pertanto è bene non sottovalutare questo aspetto: il datore di lavoro deve necessariamente partecipare alla compilazione del Dvr. Solo lui conosce, o dovrebbe conoscere, tutti i potenziali rischi che esistono all’interno della propria azienda.
Quello che non potrebbe sapere però è cosa può provocare una situazione di pericolo. L’utilizzo di un macchinario, il trasporto di alcune merci o anche solo rimanere semplicemente seduti alla scrivania 8 o più ore al giorno: tutte le attività quotidiane lavorative possono provocare un danno, più o meno lieve, ai lavoratori. Ma come fare a identificarle e riportarle al meglio nel Dvr?
Come redige un Dvr Studio Bianchini
Adesso che abbiamo chiarito chi redige il Dvr facciamo una premessa importante: Studio Bianchini non elabora il documenti al posto del datore di lavoro. Questa è un’attività che viene svolta insieme al datore di lavoro.
Si inizia con sopralluogo, cioè una prima fase di ispezione insieme al titolare del processo lavorativo, delle macchine, delle attrezzature, delle attività, dei carichi movimentati, ecc. Il datore di lavoro illustra la propria attività e descrive le varie fasi del processo.
È a questo punto che Studio Bianchini mette le sue conoscenze a disposizione per un’analisi e una valutazione dei rischi puntuale, oltre che confrontarsi, in seconda battuta, con il datore di lavoro (ma anche con il RLS e anche il medico competente) per individuare le opportune misure di prevenzione e protezione da attuare.
Tutti i passaggi necessari alla corretta elaborazione del Dvr
La scrittura del Dvr non avviene mediante l’utilizzo di un software. Ve ne sono molti in commercio, anche validi ad essere sinceri. L’ideale però è avere un documento cucito su misura alla propria attività, realizzato in maniera del tutto “artigianale” secondo una serie di passaggi fondamentali:
- sopralluogo;
- raccolta dati;
- fotografie;
- analisi dei processi lavorativi e delle macchine;
- valutazioni tramite fogli di calcolo;
- predisposizione di procedure di lavoro;
- interviste con il personale
e tutto ciò che possa essere utile alla realizzazione di un documento completo, congruente e soprattutto efficace.
La metodologia utilizzata si avvale di una valutazione che calcola il rapporto tra entità del danno e probabilità di accadimento. Vengono introdotti inoltre indici di calcolo per i rischi per i quali è possibile recuperare dati oggettivi come per esempio macchine, rumore, vibrazioni, MMC, chimico, movimenti ripetuti, ecc..
Al termine della valutazione dei rischi viene stilato il programma di miglioramento in cui viene indicata una “lista della spesa” degli interventi e delle misure da attuare.
Compilazione del Dvr: servono precisione e un occhio professionista
La redazione del Dvr secondo il metodo di cui abbiamo appena parlato permette una valutazione attenta e puntuale dell’attività, il cui obbiettivo è quello di individuare più rischi possibili all’interno dell’azienda o del processo produttivo. Una volta identificati questi devono essere valutati con una tecnica che sia più precisa possibile.
Anche in questo caso la magistratura si è espressa più volte in merito. Vi sono numerosi casi di giudizio in terzo grado dove la Corte ha sottolineato come una valutazione del rischio carente o incongrua abbia avuto un ruolo importante nell’infortunio. Il responsabile di tali carenze è sempre e comunque il datore di lavoro.
L’apporto di uno studio professionista nel settore della sicurezza sul lavoro aiuta a non incorrere in situazioni di questo tipo. Solo un occhio esterno e competente avrà modo di analizzare l’azienda in maniera oggettiva senza essere influenzato dalla quotidianità, compilando così il Dvr in tutte le sue parti.
Quando scade e come aggiornarlo
Abbiamo già parlato nello specifico di quando e come un Dvr deve essere aggiornato.
Una cosa però non ci stancheremo mai di ripetere: il datore di lavoro dovrà comunicare sempre ogni minima variazione che avviene all’interno dell’azienda poiché questa potrebbe incidere sui potenziali rischi che i lavoratori possono correre. Quali sono questi cambiamenti? Un cambio d’ufficio, un nuovo macchinario, anche semplicemente lo spostamento di una scrivania.
L’assenza di comunicazioni di variazioni potrebbero, in caso di controlli oppure in caso di infortunio sul lavoro, dimostrare che il documento è incompleto e di conseguenza portare ad una multa o addirittura alla condanna del datore di lavoro.
Dvr standardizzato: si o no?
Una volta era possibile procedere con l’autocertificazione valutazione dei rischi, ma questa pratica non è più valida già da alcuni anni.
Esistono dei Dvr precompilati e dall’impostazione standardizzata. È sicuramente un metodo facile e veloce che le imprese possono utilizzare senza la necessità di avvalersi di consulenti esterni.
D’altra parte però possono essere sottoposte al rischio di una valutazione poco efficace e scarsa, soprattutto per quelle attività produttive che richiedono un’analisi più approfondita e precisa.
Il risultato sarà la redazione di un documento carente dove vengono riportate misure di prevenzione standard e uguali per tutti invece che misure di intervento specifiche per quell’azienda come uso di adeguati dispositivi di protezione individuale DPI, formazione del personale, piano sanitario e molto altro.